Bulimia

 

La bulimia si definisce intorno all’attività della “divorazione” affamata e incontrollata, senza limiti, in cui, come nell’anoressia, ciò che conta non è il cibo, ma l’attività stessa del mangiare, che non conosce il senso della sazietà: una compulsione a mangiare tutto senza mai raggiungere un’autentica e sentita sazietà.
La bulimia nervosa è caratterizzata dall’impulso intenso e incontenibile ad abbuffarsi e successivamente a mettere in atto condotte di evacuazionie del cibo e quindi delle calorie ingerite: vomito autoindotto, uso di lassativi e/o eccessiva attività fisica.
La crisi bulimica ha un carattere imperioso e inarrestabile e frequentemente nelle abbuffate c’è una mescolanza di alimenti e sapori con l’ingestione di cibi anche crudi o addirittura surgelati.
Le persone bulimiche percepiscono il loro comportamento alimentare come anomalo e, a volte, descrivono un vissuto di depersonalizzazione connesso all’abbuffata.
Le condotte di compensazione quasi sempre hanno un carattere di segretezza per il vissuto di incomunicabilità che le accompagna e per il senso di vergogna e di colpa.
Chi ne soffre spesso nasconde il proprio disagio, ritenendolo inaccettabile; così può accadere che il sintomo si strutturi e persista all’insaputa di tutto il contesto familiare, che può ignorarlo anche per anni.
Il comportamento bulimico ed in particolare le strategie di compensazione possono determinare, come nel quadro anoressico, gravi conseguenze sulla salute del corpo.
Dal punto di vista psicoanalitico la posizione bulimica, che si manifesta attraverso modalità e comportamenti ricorrenti e ripetitivi, è il risultato di un processo inconscio, che rimanda alla dimensione soggettiva e quindi unica del singolo individuo.

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