Obesità

L’obesità è una patologia caratterizzata da un significativo aumento di peso con ripercussioni gravi e invalidanti sulla qualità della vita.
La diffusione sociale dell’obesità, soprattutto nelle società a capitalismo avanzato, è così ampia che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha coniato il termine di globesità (globesity), proprio per sottolineare l’estensione e la drammaticità del fenomeno che racchiude un enorme livello di sofferenza.
Le cause dell’obesità sono multifattoriali: genetiche, ambientali e psicologiche.
L’attenzione dei ricercatori si è concentrata a lungo sugli aspetti organici e genetici dell’obesità trascurando il ruolo dei fattori psicologici e ambientali; la sua diagnosi, infatti, è rimasta fortemente ancorata a un puro fattore quantitativo, cioè il calcolo dell’Indice di Massa Corporea.
Dal punto di vista psicologico l’obesità è una dipendenza patologica in cui l’uso, “abuso” del cibo si attua nel tentativo illusorio di ridurre il proprio disagio interiore.
Nella vita dell’obeso, di solito, c’è una dimensione di solitudine profonda in cui subentra il cibo come compensazione.
Tipico comportamento dell’individuo obeso è la tendenza a conformarsi alle richieste degli altri e a evitare i conflitti, senza interrogarsi su ciò che realmente desidera. Il cibo sembra essere l’unica compensazione a questa modalità relazionale disfunzionale e il suo consumo può realizzarsi nella sua modalità iperfagica, dunque sistematica, oppure nella modalità dell’abbuffata.
L’obesità può essere intesa anche come una posizione in cui si cerca rifugio dalla propria vulnerabilità affettiva in una sorta di “corazza”, di “diga” di carne.
L’obesità quindi, come l’anoressia e la bulimia ci impone di guardare oltre il sintomo, intendendola come manifestazione patologica e disfunzionale di una questione psichica soggettiva, che si annida del profondo.

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